
Al confine tra le province di Modena e Bologna, la valle del Samoggia dà il meglio di sé durante la stagione autunnale. Tra abbazie, borghi e calanchi, scopriamo il fascino di un mondo antico, fatto di boschi e colline ricche di castagne, funghi e tartufi pregiati.
Al chiaro di luna, in silenzio, a Savigno inizia la "cerca" del tartufo. E non di uno qualsiasi, bensì del re del bosco, quel Tartufo Bianco Pregiato che, ogni week-end di novembre, riempie di profumo le vie del paese in occasione della sagra ad esso dedicata. Con Gianluca Gentilini, presidente dell'Associazione Tartufai, e la sua fidata Margot, un lagotto romagnolo dal fiuto infallibile, c'inoltriamo tra salici selvatici, querce e pioppi lasciandoci alle spalle i candidi calanchi di Tiola e Maiola. È qui, tra i boschi spruzzati dalla rugiada autunnale, lungo i rii, i fossi e i canali, dove l'ambiente è più umido e chiuso, che si crea quella "magica" simbiosi tra le ife del micelio e le radici degli alberi. Grazie alla telepatia che, dopo anni di scambio reciproco, lega il cane all'uomo, Margot si destreggia tra le "bollate" incalzata, di tanto in tanto, da un affettuoso «Vai, Margottina!». Solo a Savigno, uno dei comuni più "tartufigeni" della valle del Samoggia, insieme a Castello di Serravalle e Monte San Pietro, ci sono circa duecento tartufai, un manipolo d'appassionati che, da ottobre a dicembre, parte con l'inseparabile zappetto alla ricerca di "piastrelle" (tartufo piatto) e "balotte" (tartufo a sfera). «Per mezzo dell'associazione», commenta Gianluca, «promuoviamo azioni di tutela dell'ambiente del tartufo, prendendo in affitto e gestione ettari di boschi. La "cerca" è una passione scritta nel DNA di Savigno che vogliamo tramandare e conservare libera». Nel frattempo, oltre le bancarelle che affollano la piazza, i clienti di "Amerigo" reclamano l'ospite d'onore; al richiamo dello chef: «Alberto, c'è da grattare!», il titolare della storica osteria di via Marconi s'avvicina ai tavoli per servire la tanto attesa spolverata. C'è chi aspetta con impazienza l'arrivo dell'autunno per bissare l'ebbrezza del suo uovo al tartufo bianco, chi è in coda per acquistare una balotta e chi, estasiato dalla geometria della dispensa, si perde tra vasetti di cipolline all'aceto balsamico di Modena e porzioni di ragù bolognese. Alla soglia dei settantasette anni, dal giorno in cui Amerigo e Agnese aprirono i battenti, quest'osteria resta ancora un seducente "bosco delle meraviglie", così come l'ha immaginato lo scenografo Gino Pellegrini dipingendo la sala da pranzo al primo piano.
È il bosco, così come i vigneti, i cereseti e i terreni agricoli coltivati, a rendere questa valle di confine tra le provincie di Modena e Bologna, una vera e propria riserva di "cose buone". Se al suo debutto, la Sagra Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato di Savigno e dei Colli Bolognesi contava un solo banchetto ricolmo di tartufi, caldarroste e tigelle, dopo ventisette anni il paese si è trasformato in un grande stand per accogliere decine d'ambulanti e punti di ristoro. Occasione unica per fare scorta di crescentine, marroni, funghi e tartufi o imparare la ricetta del borlengo, una sorta di grossa crêpe condita con un impasto di pancetta e lardo macinati con aglio, rosmarino e una spolverata di Parmigiano Reggiano. Siamo in Emilia Romagna e anche la valle del Samoggia non delude in quanto a tradizioni gastronomiche, come il vino dei Colli Bolognesi DOC, il rinfrescante Pignoletto, fino ai pani e ai dolci ricavati dalle farine e dai cereali macinati a pietra nei vecchi mulini ad acqua delle frazioni Bortolani, Vedegheto e Rodiano. Malgrado ciò, il frate francescano che ci accompagna nella visita dell'abbazia di Monteveglio riesce a evitare i vizi di gola con un semplice guizzo d'umorismo: «lo sa, noi mangiamo ciò che passa il convento». Questua sì, ma ripagata dall'essere in un luogo incantevole, una sorta di tempio del silenzio conficcato nel cuore di un parco regionale ricamato di sentieri e verdi praterie. «Nelle giornate di cielo limpido, dal loggiato dell'abbazia, si riescono a vedere il monte Baldo, i colli Euganei, fino alle città di Modena e Bologna.», commenta il frate: «senza dubbio, il panorama più bello che potesse capitarmi».
Tesori di cultura
Gente soddisfatta, orgogliosa, appagata di far parte di questo "piccolo mondo antico" legato alle tradizioni di sempre, senza rinunciare a un tocco di novità e impegno personale. È un caso emblematico quello del giovane Franco Calanca che, da restauratore di mobili antichi e appassionato di cornamusa scozzese, è rimasto uno dei pochi artigiani italiani a saper costruire e riparare strumenti musicali ad ancia. In particolare, grazie al maestro Leonardo Rosciglione, ha imparato a fabbricare le pive, una variante della cornamusa che ebbe il suo periodo di massima espansione nel XV-XVI secolo tra Emilia, Romagna e Veneto. Il suo suono, pressoché scomparso dagli anni Cinquanta, rivive durante il "Pivaraduno", l'evento dedicato allo strumento, con le musiche tradizionali rivisitate da gruppi locali quali Le Pive nel Sacco, Lanterna Magica e Cisalpiper. Un patrimonio culturale profondo che, annualmente, riemerge per mostrare i propri tesori, proprio come quel Tuber magnatum pico che, all'arrivo dell'autunno, i samoggini attendono con fiducia.

Tartufo Bianco Pregiato (Tuber magnatum):
E' senza dubbio il re dei tartufi, apprezzato fin dall'antichità, è considerato un potente afrodisiaco oggi è molto richiesto raggiungendo quotazioni incredibili specialmente quando le stagioni di raccolta danno una bassa produzione.
Prima di consumarli i tartufi freschi necessitano solo di essere spazzolati sotto un getto d'acqua corrente. ll tartufo bianco può assumere colorazioni diverse, determinate proprio dalla pianta con cui vive e si sviluppa: si va dal bianco a volte con venature rosate, al grigio tendente al marrone. Il tartufo dopo la sua formazione, diventa un vero e proprio parassita, succhiando la linfa che la radice della pianta estrae dal terreno ricavandone profumo, sapore e colore. Il tartufo dal profumo più persistente e di maggiore conservazione è quello cresciuto a contatto con la quercia, mentre più aromatico e chiaro è quello del tiglio.
- Aroma e gusto: E' di colore giallo ocra e profuma intensamente con sentori d'aglio e di formaggio grana. Il Tartufo Bianco Pregiato di Savigno ha un gusto particolarmente spiccato e gradevole e molto intenso, caratteristico, che ricorda il gas metano, e viene consumato quasi sempre crudo in quanto con la cottura il sapore e l'aroma si alterano rapidamente
- Periodo di raccolta: da settembre fino alla fine di gennaio
- Dove cresce: in terreni marnosi, marnoso-argillosi, marnoso calcarei, sabbioso-limosi, profondi e umidi d'estate (presente in particolare sui Colli Bolognesi, e più in generale dalla Pianura Padana fino al Molise). Si forma fra i 0 e 30-40 cm fino ad un massimo di 1 metro, in boschi di nocciolo, pioppo nero e bianco, salice bianco, salicone, farnia, cerro, roverella, tiglio, carpino bianco e nero. È molto raro trovarlo oltre i 600-700 metri. I tartfui bianchi possono crescere quasi sempre nella stessa posizione, addirittura sotto la stessa pianta e la stessa settimana o giorno dell' anno precedente e il suo peso può variare da pochissimi grammi a oltre 1 , 2 kilogrammi anche se sono rarissimi, raggiungendo quotazioni da vero e proprio guinness dei primati.

Bianchetto o marzuolo (Tuber borchii):
E' un'altra specie di tartufo bianco ma molto meno apprezzato e per questo molto meno costoso.
Ha comunque i suoi estimatori e viene raccolto e consumato in grandi quantità.
- Aroma e gusto: abbastanza forte, un po' piccante, agliaceo, gradevole in moderate quantità e può essere cucinato nello stesso modo del tartufo bianco pregiato.. Somiglia molto al Tartufo bianco pregiato, ma la polpa è di colore rosso-bruno scuro. L'odore ricorda molto di più quello dell'aglio.
- Periodo di raccolta: dai primi di dicembre alla fine di aprile.
- Dove cresce: il terreno può essere molto vario, sabbioso-limoso, semplicemente sabbioso come nei litorali o calcareo-argilloso e si può trovare anche in terreni molto asciutti nel periodo estivo in simbiosi con piante come il Pino Domestico, Pino Nero, Pino Silvestre, Pino di Aleppo, Cedri, Roverella, Cerro, Faggio, Cisto Rosso, Pioppi Bianchi e Neri.

Scorzone (Tuber aestivum):
I Tartufi neri sono di minor pregio ma altrettanto ricercati, lo scorzone è riconoscibilissimo per la sua scorza nera, ruvida e verrucosa, di colore nero. È un tartufo resistente e si mantiene piu a lungo rispetto alle altre varieta, permettendone in questo modo un uso più tranquillo
- Aroma e gusto: ha un odore gradevole e delicato di nocciola. In effetti nel tartufo sono racchiuse in un unico frutto, tutte le fragranze e gli odori del bosco, il suo gusto e intenso ma delicato e il suo odore e a dir poco "stuzzicante".
- Periodo di raccolta: da Maggio fino all'autunno inoltrato.
- Dove cresce: sotto le querce, carpini, faggi, pioppi, noccioli e pini, in tutt'Italia.

Tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum):
Più o meno tondeggiante, a volte anche irregolare e lobata, di dimensioni variabili, di colore nero. Il suo specifico sapore e il suo aromatico profumo lo rendono molto apprezzato in cucina dove dai francesi è considerato il migliore e quindi il più pregiato fra i "neri". Viene consumato preferibilmente dopo breve cottura.
- Aroma e gusto: di aroma gradevole per il suo sapore squisito viene chiamato anche tartufo nero dolce. L'odore è aromatico, particolare, non troppo pungente, gradevole.
- Periodo di raccolta: fra novembre e marzo
- Dove cresce: predilige terreni sedimentari, generalmente ben drenati, come quelli brecciosi e molto calcarei. presente in boschi di latifoglie con rovere, farnia, cerro, roverella, leccio, nocciolo, carpino nero, nell'Italia Centrale.